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Itinerari Cauloniesi
Guida storico artistica

Presentazione
 
di Nicola Frammartino

  di Teresa Giamba
  di Gustavo Cannizzaro

Dall'età preistorica...
  di Maria Teresa Iannelli

Castelvetere
 
di M. Pellicano Castagna

Caulonia
  di Gustavo Cannizzaro


Itinerari

 Itinerario N. 1
  di Gustavo Cannizzaro

 La zona alta "Susu"
  Parte Prima
  Parte Seconda

 Itinerario N. 2
  di Gustavo Cannizzaro

 La zona bassa "Jusu"
  Parte Prima
  Parte Seconda


 Itinerario N. 3
  di Gustavo Cannizzaro

 Il Territorio
  Parte Prima
  Parte Seconda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Itinerari - Itinerario n°1 (Parte Prima)
di Gustavo Cannizzaro

La zona Alta "Susu"

Punto di partenza per una visita al centro storico di Caulonia deve essere la Piazza Umberto I, già Mese. Tale toponimo si desume chiaramente dalla parola greca "Mesos" (centro, in mezzo a .. ..). Infatti ad una attenta lettura di tutto il tessuto urbanistico affiora la caratteristica tipologia urbana di epoca medioevale , secondo cui i centri abitati di una certa entità avevano tre ampi slarghi o piazze destinate ad altrettanti funzioni civili e religiose. Ed appunto in alto vi è il Piano Baglio che era il centro commerciale, in basso Piazza Seggio che era il centro politico e tra questi due poli urbani la piazza Mese, che con la Chiesa Matrice rappresenta ancora oggi il centro religioso (si fa presente che su questa piazza si svolgono i suggestivi riti della settimana santa). Strutturalmente la piazza presenta una forma irregolare, si sviluppa su piani diversi, divisi in due zone dal selciato di via Vincenzo Niutta, che declinano verso la torre campanaria della Matrice. Grazie a questa forma, la piazza offre una suggestiva prospettiva. Nel piano alto è collocata una fontana in ferro stampato della fine dell'ottocento poggiante su piccola base granitica. Prospicienti i lati della piazza vi sono raggruppamenti di case e due dei palazzi signorili tra i più interessanti di Caulonia: un lato del palazzo Hyerace e la ottocentesca facciata del palazzo Cricelli, affiancato dalla settecentesca chiesa della Badia. Recentemente la piazza è stata pavimentata con lastre di granito calabrese in sostituzione della precedente pavimentazione realizzata in cemento. In basso la piazza è chiusa dal complesso architettonico della chiesa Matrice.

veduta area di caulonia
Veduta aerea di Caulonia

Chiesa Matrice "SS. Maria Assunta"

Il complesso architettonico costituito dalla chiesa e dalla torre campanaria, così come appare anche nell'incisione pubblicata dal Pacichelli nel 1703, oltre a costituire un delle emergenze architettoniche della città era, ed è ancora, tramite il  sotto- passaggio del campanile un nodo urbanistico importante nella viabilità cittadina. Scarse sono le notizie sulla costruzione della chiesa, riedificata a partire dal 1513 per volontà di Vincenzo Carafa, secondo barone del suo casato di Castelvetere. veduta area di caulonia
Verosimilmente la chiesa è stata costruita su una più antica e nel corso dei secoli dovette subire vari rimaneggiamenti: nel 1637
e dopo il terremoto del 1783. La facciata tripartita con la torre campanaria addossata costituisce un esempio di architettura spontanea, mentre le cupole con la caratteristica copertura a tegole sono tipiche delle costruzioni sacre calabresi del '600 e '700 e chiaramente sono ispirate a modelli più antichi di origine bizantina sul tipo della Cattolica di Stilo. La tecnica costruttiva di queste cupole rispetta in effetti la tradizione architettonica basiliana, della quale restano tracce oltre che nella chiesa Matrice anche in altri complessi, quali ad esempio il teatro vecchio, ex chiesa di San Leo. Però, nel caso specifico della chiesa Matrice, come si evince dalla diversità di livelli, di grandezza ed anche dalla articolata disposizione planimetrica, è molto probabile che qualcuna delle cupole non sia solo un tardo rifacimento del XVII e XVIII secolo, ma una struttura originale dell'epoca precedente. Il portale principale in granito locale è sormontato da stemma con le armi Carafa in marmo bianco di Carrara, forse dei primi anni del secolo XVI. L'interno è a tre navate, divise da sei pilastri, con tetto a capriate, eseguito di recente durante i lavori di restauro. Sotto l'arcata mediana di destra della navata centrale vi è ancora il pulpito ligneo del sec. XVIII. Nell'abside sono gli stalli in legno di noce, dove una scritta sulla parte alta ricorda che furono eseguiti nel 1757 su committenza dell' arciprete Annibale Passarelli. Sul fondo si erge il monumento funerario di Giacomo Carafa, primo barone sempre del suo casato di Castelvetere.

veduta area di caulonia
Chiesa Matrice


Monumento Funerario di Giacomo Carafa

Il monumento è scolpito in marmo bianco e presenta un lineare schema architettonico rinascimentale, composto da una predella, due pilastri architravati ed una lunetta fiancheggiata da due basi marmoree, sulle quali poggiavano due vasi, trasportati, verso la fine dell'Ottocento, nella sede vescovile di Gerace e dei quali non si ha più traccia. Nella predella è raffigurata l'immagine tradizionale del Cristo morto con i simboli della passione fiancheggiata da due angeli adoranti; tra i pilastri è situato il sarcofago sormontato da tre pannelli con la Madonna con Bambino, San Pietro e Sant'Andrea nella lunetta è rappresentata la scena dell'Annunciazione. Sul sarcofago e sulle basi dei pilastri sono scolpite le insegne araldiche della famiglia Carafa della Spina. Dall'epigrafe scolpita sul sarcofago sappiamo che il monumento fu fatto edificare per Giacomo Carafa, morto nel 1489, dal figlio Vincenzo. Un'altra epigrafe del 1637, posta in basso, attesta che l'opera fu fatta restaurare da Girolamo Carafa, IV marchese di Castelvetere. Quest'opera di cui non si conosce l'autore ripete il modello del monumento funerario rinascimentale, che da Firenze si diffuse poi per tutta l'Italia assumendo particolari varianti nelle diverse regioni. La sua struttura iconografica mostra una chiara derivazione da esempi napoletani e siciliani. Mentre le parti decorative, come il fregio dell'architrave, le candelabre, i festoni di frutta ed armi nelle loro raffinate variazioni testimoniano di un virtuosismo di rara finezza chiaroscurale che riecheggia certe decorazioni lombarde, introdotte nel meridione e soprattutto in Sicilia da Domenico Gagini e poi ampiamente diffuse dal figlio Antonello e dalla sua scuola. Non a caso, proprio i festoni di fiori, frutta ed armi dei pilastri ricordano la decorazione plastica eseguita da Antonello Gagini e dai suoi allievi per la tribuna del Duomo di Palermo. Anche le sculture di questo monumento, un tempo dorato e policromato, presentano vocaboli gagineschi: il volto della Madonna, liscio e chiaro, con le palpebre chinate, il lieve sorriso e le due ciocche di capelli che scendendo le incorniciano il viso, rammenta, infatti, quello della "Annunziata" della chiesa della Gancia di Palermo eseguita da Antonello intorno al 1516, così come l'Annunciazione della lunetta ricorda la "Annunciazione" dei Gagini del Museo di Erice (1525). lI Cristo della predella infine, presenta strette analogie con il "Cristo morto" della chiesa arcipretale di Soverato Sup., tradizionalmente attribuito al Gagini. Considerando questi agganci stilistici con opere dello scultore siciliano eseguite tra il 1516 e il 1525, si può avanzare l'ipotesi che l'opera sia stata eseguita nel secondo decennio del sec. XVI; il che trova, d'altronde, conferma ove si consideri che la chiesa fu costruita tra il 1513 e il 1517 e che verosimilmente il sepolcro sia stato eseguito nel contesto ditali lavori di ricostruzione. In fondo alla navata sinistra è la cappella del Sacro Cuore con balaustra e altare in marmi mischi, di tipico gusto settecentesco (eseguiti nel 1766 su committenza di Vincenzo Sergio , patrizio di Castelvetere le cui armi gentilizie sono effigiate sui lati del paliotto). Interessante anche la volta decorata con stucchi bianchi, dorati e dipinti, con quattro riquadri dove sono raffigurati gli evangelisti. Tutta la decorazione, che è in cattivo stato di conservazione, è opera, con ogni probabilità, di maestranze locali del sec. XIX. Nella navata destra è la cappella di Sant'Ilarione, che presenta una decorazione a stucchi dorati di gusto neo-gotico del secolo scorso. Sulla destra in una nicchia la veduta area di caulonia statua lignea del Santo patrono di Caulonia, opera eseguita da un artista serrese nel 1815. La scultura
è da ritenersi importante, a prescindere dal suo valore religioso, anche per l'aspetto storico-culturale che riveste. Infatti, essa vuole ricordare come, nella nostra storia, al cristianesimo di rito greco sia subentrato un cristianesimo di rito latino. Sant' Ilarione è un santo orientale e nella liturgia greco-ortodossa si festeggia il 21 ottobre come nel calendario cattolico. Certamente i fedeli di rito greco l'avrebbero potuto rappresentare sotto forma di icona sacra e non avrebbero potuto mai rappresentarlo in una scultura dove, per sorta di cose, vi è la terza dimensione (non dimentichiamo che il mondo bizantino ha combattuto le guerre della iconoclastia). Si evidenzia, pertanto, che l'icona è una rappresentazione ieratica, immateriale dell'immagine sacra, mentre la scultura, per sua natura, è più corposa. Il mondo bizantino ci aveva educato al culto delle icone, saranno i normanni e soprattutto gli spagnoli ad introdurre, presso di noi, il culto delle sculture. Ecco perché la statua lignea di Santo Ilarione, vista in un contesto di sincretismo tra riti antichi e nuovi, per noi assume un valore storico di non poca importanza. Nella chiesa si conserva un interessante organo (molto danneggiato) con cassa totalmente indipendente, registri con tiranti a pomello, tastiera a "finestra" e pedaliera incassata.
Nel vano della tastiera è segnata la data del 1762. L'organo opportunamente restaurato, data la sua rarità, potrebbe costituire un valido supporto per l'esecuzione filologicamente corretta di pagine musicali del rinascimento e del barocco.
Tra gli arredi di argento rilevanti sono il braccio reliquario di Sant'Ilarione, il calice e 1' ostensorio. Il braccio reliquario è un dono fatto da un membro di casa Carafa. Infatti, sulla base èfinemente inciso lo stemma di questa famiglia, che tra l'altro aveva il jus patronato sulla chiesa. La sobrietà della decorazione di questo oggetto (su cui non si è rinvenuto alcun punzone) rappresenta quella certa tendenza a sviluppare forme semplici che si affermò tra gli argentieri napoletani fin dalla prima metà del seicento. Il calice fu donato alla chiesaveduta area di caulonia dall' arciprete A. Passarelli nel 1745 e ciò è ancora leggibile sul bordo della base. Questo oggetto, su cui è inciso un punzone consolare di Napoli, è di manifattura eccellente e, per la sua ricca ed elegante decorazione, costituisce un bello esemplare di gusto rococò. L'ostensorio, commissionato nel 1804 da Vincenzo Maria Carafa ad un argentiere napolitano, è lavorato a getto e a cesello e pur collocandosi in pieno periodo di neoclassicismo rivela cifre stilistiche ancorate a modelli settecenteschi. Usciti dalla chiesa si percorre tutta la piazza fino alla parte più alta dove è l'ingresso della Badia.

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