Caulonia
di Antonio Nicaso
Castelvetere
Stampa del Pacichelli XVII sec.
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Incastonata
sopra un masso rupestre, "a foggia di un triangolo scaleno",
in una
amena ed aulente plaga di zagare, ginestre e gelsomini, baciata
da un rutilante sole mediterraneo, specchiantesi in un mare aprico
e cobaltino, Caulonia, dall'alto dei suoi trecento metri, ammalia
per i suoi costumi e per le sue remote tradizioni lI visitatore,
rapito dalla scoperta di una "Calabria" sospesa tra
la fantasia e l'esultanza, tra natura e storia, dove tutto si
fonde per dar vita a sorprendenti sensazioni. Questa nobile cittadina,
le cui origini sono avvolte nei veli della Magna Grecia, deve
la sua nascita al desiderio di libertà che fece vincere, ad una
colonia di baliosi giovani achei, guidata dall'oichista Trifone
di Egina, le correnti dello Jonio a forza di remi.
Le direttrici, su cui gradatamente sorse, si ingrandì e si espanse
Caulonia, furono tracciate intorno al 722 a.C. Costruita, sotto
l'egida dei Crotoniati, sulla sponda sinistra del Sagra, tra ridenti
boschi ed ubertosi colli, nei pressi del monte Caulone, divenne
ben presto una repubblica autonoma ed indipendente, capace di
coniare monete e dettare le sue mosse. Per Caulonia, le porte
del tempio di "Giano" si aprirono, dopo tre secoli di
"pace" e segnatamente nel 389 a.C., anno in cui venne
assediata, espugnata e distrutta dalla esecranda bramosia di conquista
del tiranno aratuseo, Dionisio il Vecchio, con la tacita connivenza
della Repubblica di Locri. Alla morte del tiranno, avvenuta nel
367 a. C., dopo essere stato sconfitto dai Cartaginesi ad Erice,
sul trono di Siracusa salì il figlio, Dionisio lI Giovane che,
come primo provvedimento, commise ai Locresi l'incarico di ricostruire
e di ripopolare Caulonia.
Passata, successivamente, ai Bruzi, sottomessa dalle irrompenti
forze delle aquile romane, si diede a Pirro, re dell'Epiro. Per
aver parteggiato per lI leggendario Annibale, durante le guerre
puniche, venne rasa al suolo dall'esercito del "Temporeggiatore",
Fabio Massimo, nel 200 a.C., in esecuzione di un inappellabile
verdetto emanato dal Senatus Populusque Romanus.
lI "Cunctator" riuscì a seppellire sotto la polvere
la gloriosa repubblica ma non riuscì a sopprimere i Cauloniati,
che trasferirono i loro "Penati" in un luogo ben fortificato
non lontano dalle "vestigia della città superba". Per
volere dei vincitori, al greco Caulonia si sostituì il latino
Castelvetere e, di
conseguenza, i superstiti dell'eccidio
romano dovettero tagliare i ponti con le loro tradizioni magnogreche.
Gli antichi abitanti della "Cauloniatide" però
trovarono conforto e speranza nel messaggio evangelico del Redentore
e sui loro capi, come recita Padre Fiore, versò le acque battesimali
il principe degli apostoli, San Pietro.
Col passare del tempo, pur tra i torbidi eventi di quell'epoca,
Castelvetere ritornò a splendere nel firmamento della Calabria
citeriore.
Intorno al Mille, la civitas, "circuita da forti muraglie
e munita di grossi baluardi", risulta, dagli Annali dell'archivio
Partenopeo, infeudata a Malgeri d'Altavilla, uno dei discendenti
di quel Tancredi che partecipò alla prima crociata e del quale,
Torquato Tasso nella sua "Gerusalemme liberata", celebrò
le gesta di cavaliere cristiano, generoso e pensatore.
Da Malgeri d'Altavilla, l'investitura passò sul capo di Roberto
Filangeri, del cavaliere Matteo de Ara, di Anselmo de Caprosio,
di Roberto de Vetro, del marchese Muscarello, di Bardessino Galeoffo
e di Antonio Centeìles. Nel 1479 il feudo di Castelvetere fu sottratto
ad Antonio Centelles, reo di aver tradito la fiducia reale, e
"regalato" dallo stesso re, Ferdinando d'Aragona, a
lacopo Carafa, figlio di Onofrio.
Nel 1497, Castelvetere ebbe l'onore di ospitare il Papa, Paolo
IV, appartenente alla famiglia Carafa; nel 1525 accolse il vincitore
della disfida di Barletta, Ettore Fieramosca, quale visitatore
del fratello Cesare, a cui nel 1520 Carlo V aveva donato le ferriere
e le miniere di piombo di Campoli, Stilo e Fabrizia; nel 1535
ospitò lo stesso imperatore Carlo V d'Asburgo, re di Spagna ed
imperatore di Germania, che di ritorno dalla formidabile spedizione
in Africa contro il pirata turco, Khair-Ad-din, detto Barbarossa,
fermò le sue "galere" per far visita al suo amico Giovambattista
Carafa; nel 1571 prese parte con la "galera del corsale"
alla baffaglia di Lepanto al fianco degli Spagnoli, dei Veneziani,
dei Pontefici, dei Savoia e dei cavalieri di Malta contro i Turchi
che si erano impadroniti di Cipro mentre nell'ottobre del 1594
riuscì coraggiosamente a rintuzzare le offensive del "Flagello
delle Calabrie", Sinam Cigalà. Nel 1738 Castelvetere, in
seguito alla guerra di successione polacca, dai Carafa passò ai
Borboni, sotto il cui dominio rimase fino alle gesta garibaldine.
Il 30 giugno del 1862, in seguito all'unificazione territoriale
dell'Italia, con decreto N. 123830 del Ministero dell'interno,
cambiò il suo nome, riprendendo quello glorioso dell'antica Caulonia.
Durante lI Fascismo, ebbe l'onore di fregiarsi, dopo Milano, del
secondo gagliardetto d'Italia mentre, in campo sportivo, con la
sua squadra, ottenne il secondo posto al campeggio "Dux"
di Roma. Nel marzo del 1945 visse le sue cinque giornate che sfociarono,
ad opera dell'insegnante
elementare Pasquale Cavallaro, nella proclamazione della "Repubblica
di Caulonia", che per una serie di circostanze sfavorevoli
si disperse nell'immediatezza.
Oggi, dei 96 comuni della provincia di Reggio Calabria, Caulonia
è lI terzo per estensione territoriale, l'undicesimo per numero
di abitanti e conta, tra piccole e grandi, una ventina di frazioni.
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