Di
presepi memorabili si ricorda con grande incanto quello allestito
dai fratelli Vincenzo e Giovanbattista Lombardi che nel modello
napoletano aveva saputo trovare spunti ispiratori. Si racconta
che in esso veniva rappresentato una spettacolare tranche-de-vie
cauloniese riprodotta in tante sue botteghe (quella famosa del
sarto Crisafi con una grossa e "tagliente"
forbice per insegna, quindi il gruppetto che si raccoglieva
intorno al desco di mastru Rafeli e la "forgia"
di mastru Pascali, quest'ultimo nell'atto di "'mperrari
nu ciucciu", ferrare un asino); e poi il complesso
bandistico mentre si esibisce sul palco, e non trascurando le
nostre belle fontane in ferro stampato, che in esso trovavano
ampio spazio.
Si
! il vero presepe era quando ciascuno poteva riconoscersi, perché,
come scrive C. Alvaro, " gli
stessi Presepi sono trasformati in rappresentazione della vita
locale, con la zingara, lo scemo, il cacciatore ".
Di pastori napoletani erano affollati i presepi della Matrice
e della chiesa del Rosario. Se, purtroppo, le settecentesche
statuine della Matrice sono andate per sempre distrutte, c'è
da aggiungere che un bel gruppo di pastori napoletani, ancora
oggi, si conservano presso la chiesa dell'arciconfraternita
del Rosario.
Essi
ammontano a ventitre esemplari, tutti necessitanti di un serio
intervento di restauro.
Di Giuseppe e Maria, che fanno parte di questa straordinaria
collezione, rimangono teste e mani con parti di avambracci,
mentre hanno perso i loro antichi vestiti.
Sono
alti circa quaranta centimetri, hanno testa cinta da semplice
aureola e sono vestiti con stoffe rasate. Maria ha i suoi abiti
tradizionali, il manto azzurro, color del cielo, e fazzoletto
bianco su veste rosa, colori verginali; Giuseppe il suo mantello
giallo su veste scura e tiene in mano il suo bastone a ricordo
di quello fiorito una volta scelto come sposo e padre putativo.
Pregevoli sono le altre statue, tutte di forte caratterizzazione,
di circa 35, 40 e 50 cm. ; naturalmente anche per i pastori
del Rosario l'altezza si presenta varia a seconda della collocazione
prevista e sono tutti montati su manichini di stoppa abilmente
avvolta intorno a fil di ferro, in modo che più facilmente
siano più manovrabili e quindi possano assumere le posizioni
meglio desiderate. Tutte le teste che fuoriescono dai manichini
sono di diverse tipologie e mirabilmente presentano personali
turgori giovanili, orbite incavate, verruche prominenti, ogni
sorta di ruga senile, guance rubiconde, grossi mustacchi e occhi
cisposi.
Otto
statuine rappresentano l'universo femminile, di cui tre anziane
e cinque in giovane età. Quasi tutte conservano buona
parte degli antichi costumi, che consistono in camicie in tela
con bordi di trine, corsetti con guarnizione di nastri, maniche
staccate e annodate con laccetti, gonne in seta con galloni
e grembiuli anch'essi gallonati; una di loro con bella treccia
in testa porta due orecchini che ne evidenziano il suo stato
sociale.
Tredici
sono, invece, gli uomini, di cui tre, rappresentanti della piccola
nobiltà di provincia, cinque più anziani, e dai
tratti più espressivi ed uno, non in buono stato di conservazione,
è un suonatore di mandolino. I loro vestiti si conservano
in parte e tutti denunciano il posto che dovrebbero occupare
nella società. Camicie in tela, giubbe finemente decorate,
panciotti e cinture ricamate, palandrane in damasco e brache
di ogni tipo fanno parte del loro abbigliamento. La collezione
del Rosario si completa con una serie di angeli anch'essi montati
su manichini di stoppa e fil di ferro, uno zampognaro tutto
in legno, in pessimo stato di conservazione e di probabile scuola
pugliese, e un Gesù Bambino di circa trenta centimetri.
Quest'ultima statuina in gesso è un'aggiunta novecentesca
alla meravigliosa raccolta settecentesca.
Presepe
elettromeccanico e sonorizzato è quello che dal 1961
ha montato, all'interno della canonica, don Mimmo Lamberto,
parroco di San Zaccaria. Con cura e amore don Mimmo, coadiuvato
dai suoi parrocchiani, ha introdotto nel presepe nuove tecniche.
Motorini, effetti sonori, elettrici e chimici sono utilizzati
per rendere più realistica la divina storia. In essa
vi sono pastori che si muovono ai ritmi di una tarantella,
statuine che ripetono i movimenti della lavandaia presso
un fiume, acqua corrente che mette in azione "a
petra du mulinu", gruppi di pastori che
al suono di antiche nenie si dirigono verso la grotta; gli
effetti luminosi ci mostrano l'interno di un frantoio, dove
"troppitari",
"mizzoteri",
"cannavari"
e "paleri"
hanno un gran da fare presso una grande macina, mentre i
fenomeni elettrolitici in meno di un quarto d'ora ci offrono
le fasi di una intera giornata (la chiara alba, il pieno
giorno, il dolce crepuscolo e l'intensa notte).
Ad
un tipo di presepe tradizionale si rifà Francesco Amato
che ancora oggi propone affascinati allestimenti nella chiesa
del Rosario. I suoi lavori sono un inno alla natura incontaminata
di un tempo, in essi si rispecchia la lussureggiante campagna
cauloniese e l'autore ci propone, così, un classico "presepe
calabrese" che in C. Alvaro ha trovato il suo più
illustro cantore " dalle
valli sbucano fiumi; le montagne sono ripide e selvagge. Su
tutto pende il bel giallo dell'arancio come un frutto favoloso.
Il figurinaio che ha fatto i pastori sa che i ragazzi si fermeranno
a guardare una per una le figurine.
Perciò,
meno i soldati di Erode, tutti i pastori somigliano a persone
conosciute. Sembra un paese vero. C'è quello che porta
la ricottina. C'è il cacciatore col fucile, c'è
quello che porta l'agnello e fuma la pipa, c'è il mendicante.
C'è gente che balla fra il tamburino, il piffero e la
zampogna davanti il presepe. C'è l'osteria dove si ammazza
il maiale e la gente beve, accanto alla fontana dove la donnina
lava i panni. Ci sono perfino i carabinieri che hanno arrestato
un tale che ha rubato anche nella notte Santa. I Re Magi spuntano
dall'alto della montagna coi morelli che guidano i cavalli.
La stella splende sulla grotta e gli angeli vi danzano sopra
leggeri e celesti come i pensieri dei bambini e degli uomini
in questi giorni".
Oggi, anche presso di noi, si sta facendo
avanti una nuova figura che si affianca a coloro che amano costruire
diversi tipi di presepi: il cultore e il collezionista di questo
genere d'arte. Il dottore Francesco Nicolò da qualche
anno dedica parte dei suoi momenti di riposo alla ricerca di
tutto ciò che riguarda il mondo del presepe e in poco
tempo ha già collezionato libri, stampe, francobolli,
tanti deliziosi e originali presepi. Alessandro Michelotti,
nipote di G.B. Lombardi, sulle orme del nonno è divenuto
amatore e collezionista di gruppi statuari del presepe napoletano.
Numerosi sono i pezzi in suo possesso: "i
Magi", "la georgiana",
"pergolato con giocatore di carte",
"la taverna";
gruppi veramente mirabili e tutti modellati sui prototipi illustri
degli antichi presepi napoletani. Esempi tutti che ancora oggi
rinverdiscono l'amore verso la mirabile arte presepiale.
Anche a Caulonia allo scoccare della mezzanotte della Santa
Vigilia come ci invita a ricordare O. Di Landro " si
deponeva il Bambino nelle mangiatoia e si cantava il Te Deum.
Lo cantava o recitava il capo famiglia, e chi aveva la possibilità
d'invitare un sacerdote, preferiva che fosse il sacerdote a
celebrare quel solenne rito. E si festeggiava accendendo le
candeline magiche (che noi chiamavamo ´stidate` ) e lanciando
contro il muro le bombette che gli stessi 'fuochisti' di Caulonia
allora fabbricavano con perizia. C'erano pure le rotelline e
i 'tric trac'; giochi pirici non pericolosi che tutti potevano
usare".
Sempre
a mezzanotte di quel giorno particolare si consumava un altro
rito da parte di alcuni, in special modo da
"donnette", che
desideravano accostarsi al mondo dell'occulto, della magia.
Si! l'ora era propizia per apprendere le antiche "parole",
atte ad impadronirsi, come segnala C. Levi, di " ogni
specie di sortilegi e di formule magiche per fare innamorare
e per guarire le malattie Soltanto a Natale si possono
dire, e in grandissimo segreto, e con giuramento di non ripeterli
a nessun altro, se non in quello stesso giorno, che è
un giorno santo. In tutti gli altri giorni dell'anno, è
peccato mortale". Levi non riporta le formule
magiche perché legato da sacro giuramento, ora noi uomini
del terzo millennio, non per mancanza di rispetto verso credenze
e consuetudini secolari, ma spinti da una forte paura che le
fatidiche frasi possano cadere in un perenne oblio pensiamo
di tramandarle pur avendo la certezza che detti esorcismi perderanno
la loro efficacia, perché non è notte di Natale:
"A
nomi di Santu Nicola
stu malocchju u nesci fora
Nostru Signuri di Roma venia
Parmi e alivi alli mani portava
Supra all'artari li benidicia
Nesci malocchju 'ncodu i "
Nenie,
canti, filastrocche e versi popolari hanno accompagnato come
dolce colonna sonora lo struggente periodo natalizio. Purtroppo
parecchie composizioni sono andate perdute e solo alcune sono
riuscite a giungere fino a noi. Sono tutte semplici creazioni
spesso con metrica alquanto rozza, ma sanno ancora oggi testimoniare
la fierezza e la tenerezza dell'animo cauloniese:
"Straniera
fu la Vergine Maria
quandu cu San Giuseppi caminava
era straniera e non sapia la via
ca facia scuru e forti nivicava
e nu massaru di fora venia
'adduvi vai vecchju' ad accussi spijava,
'vaiu trovandu ricettu pe' Maria
ma puru pe stasira m'alloggiava'.
'ma docu affora na stanza 'ndavia
non sacciu si era di besti o prubbicana'
'ma si era di besti cu idi stacia,
oppuru cu li mei l'accumunava'.
A menzanotti parturiu Maria.
Notti felici la Scrittura chjama,
ma fasci e coppuledi non 'ndavia
e mancu 'mpasciaturi mu 'mpasciava.
Lu Pateternu du celu scindia
e fasci e coppuledi ci calava.
'Mpasciatilu, 'mpasciatilu, Maria
ca vui sariti chida mamma cara.'
Ma tantu di lu friddu chi facia
Lu velu di la testa 'nciabbolava
e San Giuseppi chi l'ascia 'ndavia
facia li pizzuledi e lu scarfava.
'Scarfatilu, scarfatilu Maria
ca vui sariti chida mamma cara'.
'Oh 'mbiata Grutta, fortuna c'avisti,
di grutta, Paradisu diventasti'.
Si partiru tri Re pe' visitari
e si partiru 'nta na notti scura.
La via chi nun sapianu duvi andari,
a Stida li levava in dirittura
cu 'nci levava 'ncenzu, mirra e oru,
caru Bambinu meu, li riciviti
e 'ntornu 'ntornu tanti pecuredi
lu voi cu l'asinedu chi l'adura."
U
sei i Nicola, l'ottu i Maria... U vinticincu lu bellu Misìa;
ovvero La
grande attesa per il Natale cauloniese.
di
Gustavo Cannizzaro www.caulonia2000.it
- Marzo 2002