Della
Madonnina in marmo di Caulonia diversi studiosi si occuparono:
A. Frangipane che la fa di bottega siciliana del XVIII sec.,
A. Oppedisano, E. Barillari, che evidenzia la "Immacolata,
pregevole statua marmorea scolpita a tutto tondo e a tutta
figura, opera di bottega statuaria napoletana del '700",
L. Hyerace e in tempi più recenti Mario Panarello
che ne fa un'ampia analisi: "la statua è collocata
sull'altare maggiore della chiesa; sospesa sulla parete
di fondo del coro - una teoria di angeli in stucco è
stata aggiunta in epoca successiva mascherando l'originaria
base - la Madonna appare retta sul globo terracqueo mentre
la luna si intravede appena fra gli svolazzi del panneggio
e un debole e ormai detronizzato serpente striscia ai suoi
piedi.La Vergine, priva di ogni forte tensione fisica, è
colta in atteggiamento estatico di serena soavità:
le labbra dischiuse, gli occhi socchiusi rivolti verso il
fedele ben sottolineano l'intenso sentimento che la pervade.
L'insolita
positura delle mani, che si sfiorano appena incrociandosi sul
petto, rimarca la levità della figura e il moto a spirale
del manto ne avvolge il corpo sottolineandone la sospensione
celeste. Si tratta di un'opera che non eccelle particolarmente
per qualità esecutive e l'affettata grazia rococò,
che ha alle spalle tanti emblematici esempi napoletani, è
sin troppo evidente nella ricercatezza sfrenata di un modulo
elegante che porterà l'artista anche ad allungare sensibilmente
il collo e a sottolineare con eleganza parmigianesca la linea
sinuosa del corpo . E' probabile che
sia stata eseguita da allievi all'interno della bottega di Silvestro
Troccoli, noto marmoraro napoletano .. attivo nella
seconda metà del Settecento e membro di una famiglia
di marmorari operanti sin dalla fine del Seicento, particolarmente
in Calabria, come rilevato da diversi documenti."
Tra
i diversi allievi di questo noto atelier si ricorda Giuseppe
Mazza che fu, a dirla sempre con Panarello "capogiovane
della bottega di Troccoli" e probabile artefice
della nostra leggiadra scultura. Della statua in legno è
evidente la sua derivazione da una delle botteghe che in Serra
San Bruno ebbero fortuna, tanto forte è il suo richiamo
alla "Assunta"
del noto centro montano. L'Immacolata di Caulonia fu scolpita
alla fine del XVIII sec. e nel corso della sua esistenza subì
grossi mutamenti. In origine, come riferisce L. Hyerace "presentava
altri elementi scolpiti in legno: nuvole, angeli ed un'abbondante
manto, che vennero eliminati e sostituiti con un vestito e un
manto di stoffa affinché si rendesse più agevole
il trasporto per la processione".
Si sa che la gente di Caulonia si sia servita di Essa per diversi
momenti liturgici: E' la Madonna dal manto nero nell'esposizione
del Santo Sepolcro, quando il suo viso si adombra di un colore
scuro olivastro ed è la Madonna dal manto azzurro nella
"Svelata" della
domenica di Pasqua, quando il suo viso diviene sereno e ieratico.
Rimane l'Immacolata Concezione dell'otto dicembre e il corno
di luna e il serpente scolpiti ai suoi piedi sono gli attributi
inequivocabili, ma fino a qualche decennio or sono fu la Madonna
che veniva portata in processione per celebrare la solennità
dell'Assunta.
Si! Ci si serviva della statua perché, pur essendo
la chiesa Matrice da secoli consacrata alla "Madonna
Assunta", in tutta Caulonia si era privi
di una scultura rappresentante l'Assunzione in Cielo. Solo
subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale si provvide
a ritirare da Lecce una statua in carta pesta idonea per
la processione del 15 agosto.Anche sul simulacro dell'Immacolata
fiorirono affascinanti leggende. Si narra che il suo autore
ne fosse tanto soddisfatto da non volersi mai privare della
Sua vista e quindi non fosse disposto a cedere questa sua
opera per alcun prezzo, fino al punto da affermare, ammirando
la sua bellezza che l'avrebbe resa più bella se L'avesse
vista nel pieno del Suo splendore in paradiso. In seguito
il nostro artista divenne cieco di entrambi gli occhi e
usava le mani per toccarLa e sentirLa vicina, ma alla fine
fu costretto a staccarsi da Essa e così la preziosa
statua giunse a noi.Col passare degli anni la venerazione
della gente di Caulonia verso il Sacro Simulacro non solo
non andò scemando, ma la forte devozione dei fedeli
produce ancora oggi arricchimento e innovazione alla statua.
Ultimo
è lo stellario d'oro eseguito dall'orafo Franco Cannizzaro
su disegno del confratello Emilio Fameli. Il nimbo è
composto da due anelli concentrici di circa 850 grammi d'oro.
Sull'anello esterno sono poste a regolare distanza le stelle
a otto punti in lamina d'oro e al centro un brillante di mezzo
carato. I due anelli sono raccordati da una raggiera formata
da motivi geometrici triangolari racchiudenti globetti d'oro
e intervallati da palmette stilizzate che si diramano da uno
zaffiro blu di un carato.
Alla Madonna Immacolata ci si rivolgeva con un inno popolare
formato da nove sestine, che in un misto di espressioni dialettali
e in lingua ancora oggi tessono le virtù e le alte qualità
della Gran Madre di Dio. Il testo del canto anche se semplice
e molto elementare è nel contempo pregno d'amore e di
sincera devozione. Sa essere ricco di quel "trasporto"
che spesso caratterizza l'anima della nostra gente.
Dio
ti salvi, o Gran Signora,
io vi adoro Padre e Figlio,
e Maria, Vergine e pura,
chi di l'Angeli è consiglio,
e di Dio Spusa Sacrata,
Maria Cuncetta e Immacolata.
Nci
fu l'Angelu luminusu,
si scordau del suo bel visu,
risplendenti e luminusu,
si scordau del Paradisu,
o Maria Nostra Avvocata,
Maria Cuncetta e Immacolata.
'Nci
fu l'Angelu Gabrieli,
chi vi vinni ad annunciari,
e Regina di li Cieli,
tutto il mondo hai da salvari,
ed accetta l'ambasciata
di non essere mai turbata
Maria Concetta e Immacolata.
E tri sunnu li persuni:
Padre, Figlio e Spirito Santu,
'nci 'ndotaru tri curuni
e cu' l'Angeli allu cantu
a Maria, Nostra Avvocata,
Maria Cuncetta e Immacolata.
Prima
fu lu Patreternu,
'nci 'ndotau la sua curuna,
pe dispettu di lu 'mpernu,
pe sgabellu 'nci dett'a luna:
curunau la Figlia amata,
Maria Cuncetta e Immacolata.
Secundu fu so fighiu e di Diu
na curuna preziosissima
e di gloria l'arricchìu
a la sua Madri Santissima:
curunau la Madri amata,
Maria Cuncetta e Immacolata.
Terzu
fu lu Spiritu Santu,
na curuna cchiù fumosa
e cull'Angeli allu cantu,
dandu gloria alla sua spusa;
curunau la Spusa Amata
Maria Cuncetta e Immacolata.
E di sole siti vestita,
supra alla luna siti posata
e dal cielo riverita
di li stelli 'ncurunata,
'ncurunata aspetta a tia
Immacolata Cuncetta e Maria.
Doppu i poi, o 'Ncurunata
di li cieli Maria 'Mperatrici,
ad ogni anima Santa e Beata
Rosa Candida e Felici,
e cantando ogni annu disponi
l'Immacolata Maria Concezione.
In
tarda mattinata dell'otto dicembre prendeva inizio la processione
che si spandeva per le vie del paese trasmettendo letizia e
buon umore. A mezzogiorno col suo rientro in chiesa anche questo
rito aveva fine. Ma il forte clima di festa permaneva in ogni
dove per poi a sera diffondersi in tutte le case dove pigliava
corpo nella simpatica forma e nello stuzzicante odore di una
zeppola.
Si
respirava già un'aria pre-natalizia e tutte le nostre
nonne si davano da fare ad impastare "nu
stuppedu e menzu i farina"; era quello un primo
assaggio dei cenoni che da li a poco avrebbero dovuto consumarsi
la vigilia della Notte Santa e l'ultima dell'anno. Non era facile
fare le zeppole, se tutte le nostre donne si cimentavano non
a tutte venivano soffici e delicate come esse richiedevano.
Già nel primo pomeriggio si preparava la farina con il
lievito e si tirava fuori "u salaturi"
con dentro gustose acciughe ben salate. Subito si passava ad
impastare la farina con acqua, sale e lievito, quindi la si
copriva ben bene per farla fermentare. Si otteneva così
un impasto colloso, da dove a piccole porzioni veniva lavorato
da mani esperte e annegato nell'olio bollente di una grande
padella.
La zeppola, dopo breve cottura, assumeva la forma più
strana, gonfiandosi e divenendo così soffice all'interno,
ma fragrante e dorata in superficie. I bimbi la preferivano
semplice, mentre i più grandi la richiedevano quasi sempre
insaporita dall'acciuga. Il tutto veniva consumato con un vino
rosso, ancora giovane e "mostoso"
che inebriando le menti spingeva gli animi a festeggiare fino
a tarda sera.
U
sei i Nicola, l'ottu i Maria... U vinticincu lu bellu Misìa;
ovvero La
grande attesa per il Natale cauloniese.
di
Gustavo Cannizzaro www.caulonia2000.it
- Marzo 2002