Ai calabresi

La recente indagine statistica che assegna la “maglia nera” alla Calabria in tema di lavoro sommerso , dimostra purtroppo senza scusanti che molti cittadini calabresi, con il sostegno esplicito di una consistente schiera di sedicenti politici, considerano lo Stato controparte da cui trarre benefici.
Essi non ritengono che la ricchezza comune sia frutto del sudore dei cittadini della nazione, ma prodotto “spontaneo” (quasi una manna) proveniente dall’esterno dove qualcuno (quasi un Dio) ha l’obbligo di inviarlo per il proprio benessere.
La responsabilità principale del permanere di questa cultura individualistica e assistenziale è da ricercare nella formazione particolare della classe dirigente calabrese e, più propriamente, dalla componente politica di questa classe. Quest’ultima, con il consenso dell’imprenditoria e spesso dei sindacati nazionali, ha sempre incoraggiato processi produttivi basati su contributi pubblici a fondo perduto e quindi destinati a sicuro fallimento.
Gli imprenditori e i sindacati invece devono operare un vero e proprio salto di qualità nella loro azione, in quanto essi hanno un compito fondamentale nella diffusione della cultura della legalità e della trasparenza.
È indispensabile infatti cogliere le opportunità che l’economia globalizzata offre anche alle zone tradizionalmente depresse e capire che la produzione di ricchezza è al primo posto nella scala delle priorità.
Il progetto per una nuova Calabria deve partire da una considerazione fondamentale che la Regione possiede enormi risorse umane e materiali che vanno saggiamente utilizzate, senza aspettare che un’entità esterna intervenga e risolva ogni problema. Qualunque programmazione regionale non può non partire dalla valorizzazione delle materie prime, che per la Calabria sono rappresentate dai beni territoriali, ambientali e culturali. Tali materie prime sono le più idonee per sviluppare l’industria turistica, che è l’unica vera industria di questo territorio.
Molti però pensano che “turismo” sia soltanto l’organizzazione di qualche mostra all’estero o di convegni nostrani, oppure distribuzione di qualche milione di euro agli albergatori.
L’industria turistica presuppone invece un approccio con la natura del tutto opposto a quello attualmente praticato in Calabria.
In primo luogo occorre in innalzamento culturale generalizzato dei residenti, in particolare delle nuove generazioni. Va rispettato l’ambiente, mentre il territorio va costruito con una visione innovativa e va dotato di servizi primari efficienti.
In secondo luogo il settore agro-industriale va finalizzato a fornire al visitatore tutti quei prodotti che si attende di trovare nella Regione.
In terzo luogo andrà avviata una politica produttiva piccolo industriale e artigianale tutta protesa a sostenere la domanda proveniente dai visitatori.
In definitiva occorre capire che la ricchezza si produce facendo interagire i tre settori; primario, secondario e terziario. Ad esempio una programmazione turistica adeguata al caso non può prescindere da una produzione energetica più ampia e moderna.
Nessun ostacolo va frapposto alla realizzazione e alla gestione di impianti di protezione ambientale come i depuratori delle acque, dell’aria e del suolo a condizione che essi stessi siano rispettosi dell’ambiente e del paesaggio. Il gas e l’acqua sono due risorse abbondanti in Calabria, che, se ben utilizzate, possono costituire enormi serbatoi di ricchezza. Infine occorre far valere le eccellente posizione strategica del Mediterraneo come grandissima opportunità per lo sviluppo della logistica e delle mobilità terrestre, marina e aerea, che poche regioni dell’Italia peninsulare possono vantare.

Con l’Associazione culturale ProCalabria viene offerta a noi calabresi una tribuna per discutere e approfondire le tematiche che rendono chiaro a tutti che questa regione non ha bisogno di elemosine o di “doni”, ma di strumenti autonomi ed autorevoli per risolvere tutti i propri problemi.

Aurelio Misiti

 



"Per me Calabria significa categoria morale prima espressione geografica; e calabrese nella sua migliore accezione, metaforica, vuol dire rupe, cioè carattere. È quella torre che non crolla giammai per soffiar dei venti. nei momenti peggiori della vita, quando sotto la tempesta delle avversità, l'uomo si rivela, ho sentito in me qualcosa di molto somigliante a quegli scogli della Pietrosa che tanto amo, dove il mare torna all’innocenza primordiale in uno scenario gigantesco di rupi che salgono la montagna ripetendo il mito dei Titani lanciati a scalare il cielo".

Leonida Repacii