Natale
ritorna con le sue tradizioni che rievocano tanti momenti caratteristici
facenti parte della vita di tempi ormai lontani, ma sempre
presenti nel ricordo di ciascuno di noi.
Ritorna
il suono delle nenie, il fascino del Presepe, il profumo delle «pitte
di San Martino» e l'odore delle
tipiche fritture «zippule e alici»; a questo aspetto della tradizione
antica si è aggiunto, come nuovo
elemento, l'emozione del dono impacchettato sotto l'abete, la dorata
fetta del panettone con la
frizzante coppa di spumante; però in questo ripetersi e rinnovarsi
di tradizioni locali qualche vuoto si
è creato, si fa riferimento all'usanza dei «catamisi e catamisicchj»
che sembra aver perso da qualche
decennio il ruolo occupato nella vita contadina.
Era
questa una tradizione molto viva e sentita nel mondo agricolo; da
essa il saggio contadino traeva
gli auspici annuali. Nessun contratto di scambio, nessuna seminazione
o raccolto veniva fatta senza
consultare i «catamisi». Questo spiega l'enorme importanza che tale
sorta di oroscopo aveva presso
le nostre comunità.
La
parola «catamisi» consta di due termini, «cata» tra i tanti significati
veniva adoperata nella lingua greca
anche in senso avverbiale come «giù» e «sopra», mentre «misi» chiaramente
fa riferimento al
«mese», quindi l'intera parola vuoI significare «mese giù e sopra
il Natale» e ad un'osservazione possiamo
notare che si trattava dei dodici giorni che precedevano il Natale
e dei dodici giorni che lo seguivano.
«I
catamisi» erano, come abbiamo detto, i dodici giorni che avevano inizio
il 13 dicembre e ogni giorno
corrispondeva e avrebbe dovuto riflettere le condizioni atmosferiche
dei primi quindici giorni di ciascun
mese dell'anno iniziando da Gennaio, mentre i «catamisicchj» iniziavano
il 25 dicembre per finire
il 5 Gennaio ed ogni giorno anch'esso corrispondeva ed avrebbe dovuto
riflettere le condizioni atmosferiche
dei giorni della seconda metà di ciascun mese dell'anno iniziando
però la conta a ritroso
ripartendo da dicembre.
Il
contadino nella notte del 5 Gennaio, detta del «Battesimo
dei tempi» faceva la veglia, allo scoccare della mezzanotte usciva allo scoperto e nei primi cinque
minuti,
attentamente, scrutava la volta celeste osservando
la direzione delle nubi e quindi dei venti. Da ciò
riusciva a trarre le sue previsioni annuali.
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Eventi
lieti e copiosi raccolti si attendevano se le nubi seguivano la direzione
del vento che soffiava da
«Levante» ed infatti si era soliti dire «Levanti linchi i vacanti»;
un cattivo anno invece si preannunciava
per tutto il mondo agricolo se le nubi seguivano la direzione di Libeccio,
vento che soffia
da Sud-Ovest, pertanto si sentenziava «Lapici mai benefici»; mentre
nessun rilievo era possibile
ricavare se le nubi seguivano la direzione di Ponente, quindi il detto
«Ponenti non faci nenti».
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Consuetudini come queste erano numerose
e caratterizzavano la nostra cultura contadina
di tanto tempo fa, allorché la sopravvivenza era
in stretta dipendenza con l'andamento dei raccolti
e questi a loro volta dipendenti dalle vicende atmosferiche.
Da qui scaturiva l'esigenza di una previsione
degli eventi metereologici dell'anno onde, non solo
regolare i comportamenti da un punto di vista
strettamente pratico ma anche a livello simbolico ricorrere a
tutta una serie di propriziazioni che se non garantivano, com'è
ovvio, i risultati, certamente offrivano un margine
di tranquillità che affiancava il mondo contadino così
esposto ad avversità di ogni genere e di diversa provenienza.
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Era
una filosofia semplice, tipica di una società semplice, ma omogenea
e tale omogeneità si rifletteva
in un apparato ideologico non mediato che regolava e ordinava il modo
di vivere della società
contadina.
Alla
riscoperta delle nostre radici
di
Teresa Giamba e Gustavo Cannizzaro
Corriere
di Caulonia - dicembre 1987
Un
grazie a Luigi Briglia
per le splendide foto
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