Questa sezione raccoglie scritti, articoli, storie, usi e costumi
della tradizione cauloniese

           

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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   ... La festa di Sant' Ilarione(Parte seconda)

 

 

  Le pignatte, la corsa coi sacchi, l’albero della cuccagna, la corsa degli asini e le immancabili   «carrette» costruite personalmente da ogni partecipante, con un tavolone ben sagomato, a cui si   aggiungeva un cuscino bene imbottito per sedile, e le ruote, anch'esse di legno (che però dovevano   esser fatte da un buon falegname) a cui si applicavano dei cuscinetti a sfera prima di applicarle agli   assi (fisso quello posteriore, girante su un perno centrale quello anteriore, e manovrabile per mezzo   di redini per poter bene affrontare le curve); di solito non si applicavano freni: si rallentava ponendo   abilmente i piedi a terra, e all'arrivo si finiva su un ammasso di sabbia

 

  Le varie competizioni

  Nei giorni precedenti la festa, i vigili urbani permettevano gare di allenamento (il percorso andava dal   piano Baglio a piazza Seggio); ma una volta terminata la gara ufficiale non era più possibile esibirsi   con le carrette; queste venivano rimesse in deposito per rivedere la luce l'anno successivo   (qualcuno però se ne serviva anche in altri periodi per trasportare sacchi o altri pesanti bagagli,   trascinando a piedi la carretta per le redini).

  Per esigenze tecniche del resto questa gara si svolgeva un giorno prima che iniziassero i veri   festeggiamenti, interessando solo i cauloniesi, poiché solo allora la strada poteva rimanere sgombra   e permettere lo scorazzare delle carrette.

  Il giorno successivo (venerdì) già le strade e le piazze venivano occupate dai vari ' ferari ‘ (venditori   ambulanti) che accorrevano dai più lontani paesi, oltre che da Gioiosa e Siderno.

  Si svolgeva la fiera del bestiame (allora i contadini non potevano fare a meno dell'asino) e si   macellavano diversi porci, la cui carne veniva consumata negli stessi giorni della festa.

  La chiesa veniva addobbata sontuosamente, le vie del paese venivano   splendidamente  illuminate  (ma queste cose si fanno ancora), e si allestivano due   palchi (uno in piazza Seggio, l'altro in piazza Mese) perché potessero esibirsi le bande   ed i complessi musicali.

  In una memorabile festa degli anni Trenta fu organizzata perfino una sfilata di carri allegorici.

  La piazza centrale nei giorni di sabato e domenica (la festa viene sempre spostata alla terza   domenica di ottobre, anche se non è il giorno 21) era piena come un uovo, si faceva fatica a   spostarsi.

  Tutti vestiti a nuovo si andava a comprare qualche giocattolo, la frutta secca, i dolci caratteristici, o   a tentare la sorte del gioco al tavolino delle tre carte o a quello dei dadi.

  I forestieri (numerosissimi a tal scopo accorrevano da Roccella Ionica e da altri posti di marina)   erano invece intenti a trattare l'acquisto di generi alimentari (frutta, olio, legumi, grano, farina) come       provvista per l'inverno.

  Al rientro della processione si assisteva allo spettacolo dei fuochi e in due o tre ore la piazza   ritornava sgombra, perché ognuno aveva raccolto le sue cose per fare ritorno a casa.

 

  Cosa rimane oggi

  Di tutto questo oggi rimane solo ciò che è in sintonia coi tempi; e questo - secondo me - torna ad   onore dei cauloniesi, specialmente se consideriamo quante strane (a volte barbare) usanze si   conservano ancora in molti paesi della Calabria, rinnovandosi puntualmente ogni anno nei giorni   della festa principale.

  Qui a Caulonia tra l'altro non si vedono più tavolini per il gioco d'azzardo; non v'è più la fiera del   bestiame (ogni contadino ormai ha la macchina o il motocarro); non arrivano più i montanari a   vendere noci e castagne e il benessere ha cancellato ogni forma di baratto.

  Continua però ad essere venduta la carne di maiale preparata secondo le usanze locali (frittole e   salsicce); e la piazza è allietata dai gestori di giochi per bambini (trenini, giostre, dondoli), o da   venditori di giocattoli e dolci.

  Non si fanno naturalmente più le gare degli asini e delle carrette; ma l'importanza della festa non è   diminuita, e durante il suo svolgimento s'accresce ancora il volume di affari dei commercianti e degli   artigiani poiché in questi giorni circola più rapido il denaro in paese.

  Nelle manifestazioni religiose poi nulla è cambiato, solo la processione non s'arricchisse   più della scorta dei «pistonari» (portatori di archibugio), che durante il tragitto   caricavano a volte esageratamente il loro vecchio arnese, per sparare poi fragorosi   colpi (pistuni) in punti prefissati.

  L'ultima scarica avveniva sul muro stesso della chiesa dopo il rientro del Santo.

  Una ventina d'anni fa questa tradizione è stata infatti abolita, in seguito al ferimento d'un pistonaro.   Ma tutti pensano che sarebbe ora ripristinarla consentendo almeno la presenza dei pistonari con le   armi scariche; se pur qualche archibugio viene ancora conservato, poiché allora per ripicca molti   hanno preferito venderlo agli antiquari.

  La mattina di sabato dunque, dopo la celebrazione della Messa, parte la statua con la reliquia e   inizia la processione (la maggior parte degli scolari non va a scuola, ma si organizza per andare al   convento); a circa un chilometro dall'ultima casa del paese v'è il «Calvario» (un tempietto che si   anima solo nei giorni della festa di San Ilarione; là viene portata la statua e dopo il suo arrivo molti   proseguono per il cimitero, che è a circa trecento metri, per una doverosa visita ai defunti.

  La reliquia prosegue per il convento portata a piedi dal sacerdote e accompagnata da un gran   numero di fedeli (qualcuno. per voto cammina scalzo); in mattinata si celebra la Messa nella   cappella del convento, dove si conserva un pregiato quadro di Sant'llarione, e le ossa del Beato   Pietro (un brigante convertito - si dice - che volle finire la sua vita facendo penitenza in quel   romitorio).

  Nel pomeriggio il braccio del Santo viene portato nella chiesa di San Nicola, dove v'è l'adorazione e   la Messa; in serata si rientra al convento e si celebra l'ufficio dei morti.

  Fra coloro che hanno deciso di fare la veglia notturna qualcuno raccoglie abbondanti   frasche e le pone sotto un olivo radiato nel muro del convento, appiccandovi il fuoco:   miracolosamente la mattina seguente l'olivo si presenta più fresco e più verde di   prima.

  Intanto anche al calvario molta gente si prepara alla veglia, recitando il rosario e cantando litanie in   onore del Santo.

  La mattina dopo arriva la reliquia da San Nicola e viene deposta sull'altare fino all'ora stabilita per il   dentro: di solito dopo la Messa delle undici, affollatissima come nei giorni di Pasqua e di Natale, o   come nel giorno dei Morti.

  La domenica successiva poi si celebra l'ottava.

  La statua del Santo viene portata in processione per le principali vie del paese.

  Negli anni sessanta si pensò di portarla anche a Marina di Caulonia (frazione ormai popolosa, sorta   in seguito all'alluvione del 1951), passando per Focà; ma poi quest'iniziativa è stata abbandonata   perché si rischiava di rovinare il prezioso simulacro.

  Quest'anno s'è pensato bene di portare a Caulonia Marina il braccio con la reliquia.

  Una festa ben misurata dunque quella di quest'anno, che ha dato ampio spazio al sentimento   religioso, senza trascurare le manifestazioni civili.

  lI complesso bandistico Città di Guardavalle (che ha fra i solisti un nostro concittadino, Giulio   Daniele, diplomato in trombone al Conservatorio di Reggio Calabria) ha girato nella serata di venerdì   16 ottobre per le vie di Caulonia Marina, esibendosi poi con grande successo sul palco a Caulonia   Superiore, dove la sera di domenica 18 s'è esibito il complesso di Toni Ranieri (che nel 1965 - come   egli stesso ha ricordato - fu vincitore d'un festival organiz­zato qui a Caulonia proprio in occasione   della festa di Sant'llarione), con la partecipazione anche di Lello Fiore. Nei giorni 17, 18 e 25 (in   occasione dell'ottava) la ditta Catalano (di San Nicola di Caulonia) ha dato via ad apprezzati   spettacoli pirotenici, di cui uno alla Marina, sabato 17, durante la processione della reliquia.

  Questa processione, in particolare, è stata veramente sentita ed ha dimostrato, se ve ne fosse   ancora bisogno, che la realtà capace di maggiori aggregazioni è indubbiamente quella religiosa.

  Hanno seguito con compostezza e partecipazione la reliquia del Santo uomini e donne d'ogni ceto   e d'ogni categoria sociale; al coro dei fedeli guidati nel canto da Ilarione Roccisano e da Ciccio   Cannizzaro ho voluto, non senza commozione, unirmi anch'io; e ogni volta che la banda (le   processioni sono state tutte accompagnate dal complesso bandistico Città di Caulonia, mentre la   reliquia veniva portata a turno dai vari sacerdoti: l'arciprete Don Vincenzo Maiolo, e i parroci Don   Mimmo Lamberto, e Don Pasquale Arnò) cessava di suonare, per far riprendere fiato ai musicanti,   assieme agli altri ho intonato a gran voce il canto di <Evviva llarione>.

 

  La vecchietta di  Sesto S. Giovanni

  Una manifestazione così sentita mi richiama alla memoria un'altra processione a cui avevo   partecipato nel 1978.

  Ero a Sesto San Giovanni (provincia di Milano) nel giorno del Corpus Domini. Li la parrocchia di San   Giuseppe aveva organizzato una processione che doveva portare il Santissimo dalla chiesa fino   all'ospedale civile.

  All'incrocio con via Fratelli Bandiera una coppia di giovani (carina la donna!) si mostrava indifferente   alla manifestazione religiosa: seduti sul rialzo del marciapiede quei due si baciucchiavano ridendo.

  Una vecchietta allora si scostò dalla fila dei fedeli e, avvicinatasi ai due, li rimproverò decisa: «Sta   passando il Santissimo Sacramento, alzatevi!».

  Colpiti dalla risolutezza della vecchia i due si alzarono immediatamente, rimanendo composti e in   silenzio per tutta la durata della processione.

  Sono i valori del cristianesimo quelli che più ci uniscono, e ai quali non possiamo assolutamente   rinunciare; difendiamoli con la risolutezza di quella vecchietta, se non vogliamo correre il rischio di   far rivivere i tempi del paganesimo, quando l'unica virtù valida era la forza guerriera o, peggio ancora,   la supremazia del denaro.

 

 

La festa di Sant'Ilarione di Orazio di Landro
Corriere di Caulonia - Novembre 1987

Un grazie a Luigi Briglia
per le splendide foto


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