Questa sezione raccoglie scritti, articoli, storie, usi e costumi
della tradizione cauloniese

           

 

 

 

 

 

 

 

 

 





 
       

Tra una recita e l'altra ci si muoveva per raggiungere un nuovo slargo e ciò avveniva cantando sempre lo stesso motivo con un testo dall'evidente doppio senso:

"La strada nel bosco
né lunga, né larga, né stretta
è fatta a barchetta
è fatta per fare l'amor.

L'amore lo faccio
lo faccio con la mia bella
che sembra una stella
una stella caduta dal cielo
.

Caduta dal cielo
mandata, mandata da Dio
perché è l'amor mio
la voglio, la voglio sposare.

Sposarla non posso
baciarla, baciarla nemmeno
le dono il veleno
così la faccio morire.

La faccio morire
perché non può essere mia
e la sorte mia
sarà sempre, sempre soffrir.

Soffrir non voglio
godere, godere nemmeno
anch'io prendo il veleno
e la faccio finita così
."

Canzone licenziosa e di origine molto antica, veniva cantata già nel tardo medioevo da pellegrini che si recavano al santuario di S. Iacopo di Compostella.
Il testo giunto a noi sembrerebbe incompleto se ad esso O. Di Landro non avesse aggiunto una sua strofa conclusiva.

Attratti dal suono e dal canto numerosi erano i cauloniesi che si sistemavano "a ruota" intorno ai loro beniamini e ciascuno si disponeva a seguire tale genere di teatro popolare detto "a parti di mascherati" o come ancora oggi, viene definito, nei centri vicino a noi, "a rota". Era sempre il prologo, o meglio l' "avanti-prolugu" ad entrare per primo ed egli, impostando la voce, su una serie di divertenti endecasillabi sapeva attirare l'attenzione su un fatto che nel gaio e nel licenzioso sollazzo riusciva a sfociarein una sorta di satira.

Si! l'uso di satireggiare sui costumi durante il periodo carnevalesco si riscontrava anche a Caulonia. La prima domenica di Carnevale, così il Giovedì e la seconda Domenica, e parte del Martedì, si era soliti rappresentare le "parti di mascherati", che avevano come fine quello di ridicolizzare sia coloro che appartenevano ai ceti più popolari, sia in forma molto controllata persone appartenenti alla borghesia locale.

Tutto ciò è avvalorato dalla analisi del materiale farsesco di cui siamo venuti in possesso; materiale, questo, risalente alla prima metà del '900, periodo dopo il quale anche da noi cessò la produzione di farse. Le <<parti>>sono frutto di lontane tradizioni, ma il loro testo di anno in anno, poteva subire delle modifiche a seconda che si prendessero di mira avvenimenti particolari successi nel corso dell'anno. Codeste farse potevano essere quindi delle rappresentazioni di vita pubblica e privata del paese e svolgevano una funzione di controllo sociale analoga principalmente a quella svolta in altri paesi dal Testamento di Carnevale.

Nella produzione cauloniese e in particolare modo nel primo cinquantennio del ventesimo secolo, difficilmente vi era l'elemento politico. Nel caso contrario era presentato, per lo più, molto evasivamente e sempre a favore della classe dominante.
D'altronde molte delle farse giunte fino a noi erano state prodotte durante il ventennio fascista, periodo durante il quale si era sottoposti ad una certa censura. Ci troviamo dunque di fronte a prodotti folclorici che appartengono a quel livello di contestazione immediata con accettazione dello <<status quo>>, intendendo per contestazione esplicantesi da <<... qualsiasi prodotto culturale che si contrapponga ad altro con la sua sola presenza>>(L. Lombardi Satriani).

E', inoltre da sottolineare che spesso alla stesura dei testi farseschi vi contribuivano attivamente "signori" locali i quali, pur avendo rivali nella loro classe, mai avrebbero scritto tale genere di satira per indirizzarla contro quest'ultimi, avendo essi la consapevolezza che le loro creazioni sarebbero andate ad accrescere il patrimonio culturale popolare e non sarebbe stato certo nel loro interesse alimentare nel popolo scintille di ribellione.

D'altronde il carnevale è per il mondo cittadino e popolare, un viaggio in uno spazio ideale, una "emigrazione simbolica" che consente per un breve periodo dell'anno la sospensione rituale della quotidianità, il rovesciamento dei ruoli sociali o comunque l'attenuazione di alcune norme sociali, un momento di evasione che garantisse poi l'assetto e il mantenimento dello "status quo". Le invettive dei "signori" erano puntate, dunque, in queste occasioni, esclusivamente contro coloro che desideravano o avrebbero potuto desiderare il ribaltamento dei ruoli sociali.

 

 



Travestimenti, parrucche di stoppa, rossi pomelli,
neri mustacchi e maiali uccisi;
ovvero
periodo di Carnevale a Caulonia
di Teresa Giamba e Gustavo Cannizzaro
www.caulonia2000.it - maggio 2002


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