Questa sezione raccoglie scritti, articoli, storie, usi e costumi
della tradizione cauloniese

           

 

 

 

 

 

 

 

 

 





 

 

La <<parte>>dei <<mascarati>>veniva presentata oltre che nella prima domenica di Carnevale, il successivo Giovedì detto Grasso, la seconda Domenica, mentre l'ultimo giorno di carnevale, <<Marti i lazzata>>, le <<parti>>occupavano poco spazio. Esse venivano svolte sino alle prime ore del pomeriggio, dopo di che tutto il tempo era dedicato alle varie rappresentazioni della morte di <<Ntoni>>o di <<Carnalivari>>, dovuta al troppo mangiare, che più gruppi di "mascarati" svolgevano indipendentemente gli uni dagli altri.

Dette rappresentazioni si dividevano in due scene essenziali: il trasporto funebre con relativo pianto, e l'eliminazione di <<'Ntoni>>.
Ogni gruppo di mascherati conduceva, per suo conto, "Carnilivari" (che il più delle volte era una persona in carne ed ossa travestita, e più raramente una pianta di ficodindia rivestita con gli abiti tradizionali di " 'Ntoni ") per le vie del paese, simulando nei minimi particolari la cerimonia di un trasporto funebre.
Ogni corteo era aperto da un uomo recante una croce che, al posto dei simboli della passione, aveva affissi, in quella occasione, delle ossa di carne di maiale, che testimoniavano la grande abbuffata di 'Ntoni.

Il portatore di croce aveva indosso l'abito che gli appartenenti (fratelli) delle arciconfraternite cauloniesi usano tuttora nelle cerimonie religiose, e in particolare nei funerali (un camice lungo e bianco col cappuccio, una mozzetta di velluto ed un cordone rosso alla vita).
Tutto il corteo seguiva la bara, (di solito una scala di legno, il cui scheletro era imbottito per contenere comodamente il corpo di 'Ntoni) sorretta a braccio da quattro fratelli, mentre 'Ntoni, steso di sopra, era immerso tra tante ossa di maiale. lI carnevale morente era contenuto in una tuta da lavoro imbottiva di cuscini e stracci, perché fosse evidente il ventre rigonfio per il troppo mangiare e bere.

"Carnalavari…straccione, sbracalatu, unto e bisunto, ingozzato di grascia e avvinazzato, motteggiatore salace sguaiatamente becero - rappresenta - allegoricamente! - la miseria endemica e atavica della plebe bracciantile diseredata e lupescapente, insaziabilmente affamata, che solo attraverso l'abbuffata carnevalesca soddisfa - precariamente - l'antico desiderio - insaturabile! - di sfamarsi, seda - momentaneamente! - la brama inappagata di satollarsi." (G. Falcone)
'Ntoni aveva sempre in mano un campanaccio che dimenava sino a poco prima di morire, il suo viso era celato da stoppa, mentre dalle brache aperte fuoriusciva, dopo essere stato opportunamente essiccato, un budello rigonfio di maiale, simbolo fallico, espressione di fertilità per feste che come queste trovavano le loro origini nei riti propiziatori.

Poi seguiva il personaggio della <<Zà-vecchjia>>(madre di 'Ntoni) attorniato da un nugolo di "mascarati" che avevano ottenuto il loro travestimento con l'associare disordinatamente e nel modo più assurdo indumenti ed oggetti vari.
La madre di 'Ntoni, (dietro la bara era possibile trovare il personaggio della Zà-vecchjia moltiplicato in più persone), tutta vestita in nero, aveva indosso due lunghe gonne (saija) una sull'altra; quella esterna tirata all'insù sino al capo serviva a coprire l'intero busto ed in fronte s'intravedeva tra il nero della gonna, a mo' di manto, una fascia bianca.

Camminava la Zà-vecchjia ricurva su di un bastone, lamentandosi vistosamente per la morte imminente del figlio e rivolgendosi a questi con le parole: <<Ntoni, Ntoni me fighju, ti li mangiasti tutti li pruppuni>>, mentre gli altri mascherati gridando al par di essa, le facevano, in atteggiamento tragicomico, da sostegno morale.
Ogni corteo, in un caratteristico gestire e procedere, si muoveva tra urli e pianti a ritmo di qualche chitarra, fisarmonica e tamburino, che scandivano un triste ritornello con monotona e seria comicità. I vari funerali, girando per le vie si soffermavano sulle piazze da dove i <<mascarati>>, torcendosi e saltando sguaiatamente, ritornavano indietro ridiscendendo le vie senza stancarsi mai. Molti dei componenti i cortei funebri avevano in mano una bottiglia di vino alla quale, e con avidità, ricorrevano spesso: non tutti i giorni si aveva la possibilità di bere così generosamente.

Allorquando uno di loro passava davanti alla casa di un amico, veniva assieme al gruppo invitato ad entrarvi, compreso magari Ntoni che abbandonava volentieri per qualche minuto la sua bara
La casa amica offriva, alla brigata, vino da pasteggiare con carne di maiale ucciso, per l'appunto, nei giorni precedenti, e "pruppetti".
Al sopraggiungere della mezzanotte quasi tutti erano completamente ubriachi, i vari 'Ntoni morivano ed il loro corpo, che nel frattempo era stato sostituito con un fantoccio, veniva gettato da un burrone mentre il campanone della chiesa, nell'avvertire che il carnevale era finito ed ormai era tempo di quaresima, richiamava all'ordine.

Questa scena ultima poneva fine alla sequela delle varie azioni drammatiche del carnevale. 'Ntoni, morendo, portava via con sé tutto ciò che era vecchio, che era malattia, peccato.

Le feste carnevalesche, tradizioni sincretistico­cristiane dei riti di fertilità per un nuovo ciclo d'anno, hanno così, pur se le coscienze sono ormai lontane da questa comprensione, purificato la collettività che poteva guardare al tempo venturo con ottimismo.
Morto " 'Ntoni", eliminati i vari "carnalivari", ogni buon cauloniese, risciacquando più volte con acqua calda e cenere l'intera sua cavità orale, provvedeva a fa sì che nessun residuo di carne rimanesse in qualche interstizio dentario una volta scoccata la mezzanotte. Non era possibile "cammaràrsi", cibarsi di carne nel lungo periodo quaresimale. Il devoto contadino non ammetteva "impurità" in quella parte dell'anno e così piano piano si scivolava verso un'altra storia.

 

 


Un sentito ringraziamento a tutto il Circolo Culturale Artistico
e al suo presidente G. Delorenzis
per le splendide foto forniteci

Un ringraziamento cordiale alla insegnante Teresa Giamba e
al Prof. Gustavo Cannizzaro che hanno scelto il nostro sito web
per la prima pubblicazione di questo loro saggio

Travestimenti, parrucche di stoppa, rossi pomelli,
neri mustacchi e maiali uccisi;
ovvero
periodo di Carnevale a Caulonia
di Teresa Giamba e Gustavo Cannizzaro
www.caulonia2000.it - maggio 2002


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