VANDALISMO O ANTIFASCISMO MILITANTE?
La notte
del 9 settembre 2003 nella città di
Reggio Calabria avvenne una iniziativa politica di tipo simbolico che
produsse e continua
a produrre un acceso dibattito, con relative polemiche.
Ma
partiamo dall’inizio, dall’8 agosto 2003, quando sullo
splendido lungomare di Reggio veniva inaugurato il monumento “Reggio
anni ‘70”, un’opera progettata dal centrosinistra di
Falcomatà.
La
stele doveva essere un omaggio alle tre vittime uccise durante la “Rivolta
di Reggio” dalle forze dell’ordine.
LA RIVOLTA DI REGGIO
Per
meglio inquadrare l’evento ricordo
in estrema sintesi quel che avvenne durante quei giorni.
La
rivolta di Reggio Calabria inizia il 5 Luglio 1970. La notizia che capoluogo
della regione sarà Catanzaro
scatena i reggini che si sentono penalizzati sia moralmente che economicamente.
Occorre
innanzitutto ricordare la composizione sociale della popolazione reggina
all’inizio degli anni 70’, infatti la città di
Reggio Calabria era ancora in via di urbanizzazione. Dei circa 170.000
abitanti, oltre il 30% era analfabeta, l’occupazione principale
era il lavoro nei campi, le colture (olivo, bergamotto, gelsomino) garantivano
soltanto occupazione stagionale, caratterizzata dalla precarietà.
L’industria, tranne la nascente O.ME.CA. (del gruppo Iri-Fiat),
era totalmente assente. La maggior parte dei reggini dunque viveva, allora
come oggi, di impiego pubblico, di piccolo commercio. Scarsissime le
infrastrutture e i servizi pubblici nella città, periferie degradate
e scombussolate dalla mancanza di un piano regolatore,
reddito medio tra i più bassi d’Italia: tutto questo “ovviamente” in
un contesto di perenne emigrazione.
Il
desiderio di rivalsa verso una classe politica incapace di dare dignità alle
popolazione meridionali fece crescere negli strati più disagiati
della popolazione un giusto e diffuso malcontento che trovò quindi,
nell’attesa di avere il capoluogo regionale nella città dello
Stretto, un’occasione per ribellarsi al “ceto politico” del
tempo.
In
quei giorni la disperazione, la rabbia e la voglia di cambiamento degli
strati più disagiati della
popolazione reggina assunsero caratteristiche di massa.
Lo
scoppio della rivolta ebbe un’enorme e convinta partecipazione
popolare, mancò però una classe (categoria economica e
sociale) capace di mettersi alla testa della rivolta ed indirizzarla
verso un potenziale riscatto e cambiamento della società. Mancò a
sinistra una classe dirigente capace di spiegare alla popolazione che
i bisogni dei reggini e dei meridionali erano gli stessi.
Grandi e gravi sono quindi le colpe della sinistra di allora ed in particolare
del PCI, che non hanno saputo comprendere le rivendicazioni della popolazione
reggina, sottovalutando le ragioni per le quali i proletari reggini scesero
nelle strade.
La
sinistra extraparlamentare, poco organizzata in città, non
fu in grado di incidere sugli eventi, la sinistra istituzionale scelse
la via dell’autoisolamento, lasciando così campo libero
al comitato d’azione, composto in gran parte da estremisti di destra,
diretti da esponenti del MSI,come Natino Aloi, Renato Meduri e soprattutto
Ciccio Franco, ed al comitato unitario, controllato dalla DC. Essere “per
Reggio” voleva dire essere “contro Roma”, contro il “potere”,
contro quei politici che nella capitale si arricchivano alle spalle dei
calabresi, erano queste le parole d’ordine di chi dirigeva le operazioni.
Così il 13 Luglio con il sindaco in testa e l’appoggio
di quasi tutti i partiti politi tranne il PCI e il PSI, viene proclamato
lo sciopero in tutta la città, sciopero che continua anche nei
giorni seguenti fino al 15 luglio.
Da
quel 13 luglio in poi, per oltre dodici mesi la città precipita
in una recrudescenza criminale, e violenta che non ha proprio nulla di
politico!
Mischiati
ai proletari reggini, che con rabbia e decisione scesero giustamente
nelle strade per protestare, vi erano
gli esponenti della destra eversiva,
che in città trovarono copertura, da parte della malavita locale
sostenuta e finanziata da facoltosi affaristi locali. I vari Freda, Delle
Chiaie, Tilgher, Valerio Borghese, Rauti, e tanti altri sono stati personaggi
attivi all’interno della rivolta di Reggio, e successivamente avranno
ruoli di primo piano durante la strategia della tensione.
Durante
il periodo della rivolta sono stati compiuti ben 16 attentanti
a sedi politiche di partiti e sindacati:
9 attentati sono stati compiuti
contro sedi del PCI, 4 contro sedi del PSI, 2 contro sedi della CGIL,
1 attentato è stato compiuto contro la sede della DC.
Nello
stesso periodo sono stati compiuti inoltre ben 52 attentati
contro sedi di diversa natura, con il chiaro
intento di intimorire la collettività:
enti locali ed uffici pubblici, scuole ed università, impianti
pubblici, attività commerciali, abitazioni private ed automezzi.
In tutto nel biennio 70/71 si contano 204
feriti (gravi e leggeri),
di cui 178 tra i civili, e 26 tra le guardie. Si calcola inoltre che
i danni procurati siano superiori ai cento miliardi di lire!
Giusto
per ricordare le date più significative:
15
luglio70: in occasione della proclamazione del primo sciopero generale
della
città, vengono prese di mira
le sedi dei partiti PSI, PCI;
16 luglio 70 : Bruno
Labate, ferroviere, iscritto alla Cgil, 46 anni,
viene trovato morto dopo una violenta carica della polizia;
17
luglio viene presa di mira dai manifestanti la Camera del Lavoro di Reggio
Calabria;
22
luglio 70: alle 17 e10 un attentato alla linea ferroviaria, nei pressi
della
stazione di Gioia Tauro, provoca
il deragliamento del “Treno
del sole”. Muoiono 6 persone, Rita Caciccia, 35 anni, Adriana
Vassallo,
49 anni, Letizia Palombo 48 anni, Rosa Fazzari 68 anni, Nicolina
Mezzochino,
70 anni, Andrea Cangeni 40 anni. Altre 50 persone rimangono ferite.
Il
disastro ferroviario del 22 Luglio 1970 non è mai stato chiarito.
Le indagini,molto blande e condotte nella solita esasperante lentezza,
non hanno individuato colpevoli o responsabili della tragedia di quel
22 Luglio.
Una
commissione d’inchiesta stabilirà che
si tratta di un incidente, anche se diversi bulloni che fissano i binari
sulle traversine
verranno trovati allentati o addirittura svitati. Quattro ferrovieri
verranno incriminati per il deragliamento del treno.
È utile ricordare che nel 1993 due collaboratori di giustizia
di primo piano della ‘ndrangheta, più precisamente il Giacomo
Lauro affermò davanti al giudice milanese che indagava sull’eversione
nera, che “nel ’70 in Calabria si sviluppò una alleanza
trasversale tra criminalità organizzata ed eversione nera”.
In quella stessa occasione Lauro affermò di “aver procurato
l’esplosivo”. Fece anche i nomi degli esecutori materiali
(deceduti), e chiamò in causa diversi esponenti della destra reggina,
alcuni dei quali tutt’ora sono in attesa di giudizio con l’accusa
di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Il
17 settembre nuovo sciopero generale convocato dai comitati cittadini,
quello “unitario” e quello “d’azione”.
Angelo
Campanella, 43 anni padre di sette figli, autista dell’Ama
rimane ucciso da colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia durante
violente cariche. In seguito agli scontri un gruppo di neofascisti, dopo
aver “assaltato” due armerie, tentano di assaltare la questura.
Durante le “colluttazioni” un brigadiere dei carabinieri, Vincenzo Curigliano,
47enne colpito da “ignoti”, muore con
lo sterno fracassato.
Nell’ottobre dello stesso anno l’esercito avrà il
compito di sorvegliare la tratta ferroviaria Reggio-Napoli visto che
nella zona tra Reggio e Gioia Tauro ci furono in soli otto mesi più di
trenta attentati a stazioni ferroviarie, linee elettriche, linee ferroviarie.
Dall’inizio del ‘71 l’esercito presidia costantemente
la città.
Il 14
gennaio viene colpito Antonio Bellotti, 19 anni, agente
di ps, del 3° celere, colpito da numerosi sassi lanciati dai fascisti contro
un treno in sosta alla stazione reggina carico di agenti che si accingevano
a rientrare a Padova. Viene trasportato all’ospedale di Messina
con il cranio fracassato, dove morirà il 16 gennaio.
Il
4 febbraio ‘71 a Catanzaro, durante un corteo antifascista,
da una finestra di una sede del Msi vengono lanciate quattro bombe; l’esplosione
causerà 14 feriti ed un morto, Giuseppe Malacaria, 33 anni, muratore,
militante del PSI.
Nel marzo dello stesso anno la Procura della Repubblica di Roma, ordina
la cattura di Valerio Borghese, per cospirazione contro lo Stato.
17
settembre: durante scontri sul ponte Calopinace, un corpo d’arma
da fuoco sparato da neofascisti, uccide Carmelo Jaconis, 25 anni, barista.
L’AZIONE
AL MONUMENTO
Torniamo ai giorni nostri.
Purtroppo
il Sindaco Italo Falcomatà scomparirà e non
potrà quindi inaugurare il monumento.
Inaugurazione
che sarà invece fatta dall’attuale Sindaco
Scopelliti che dichiarerà: “il monumento ai caduti dei Moti
di Reggio vuole essere un atto di pacificazione e di unità cittadina”.
Ma qualcuno non accetta questa interpretazione.
Danilo
Barreca, Segretario Provinciale di Rifondazione Comunista, afferma: “A
Reggio Calabria le forze neofasciste, hanno preparato durante il periodo
della rivolta, con la collaborazione di ampi settori degli apparati statali,
il più grande tentativo di destabilizzazione democratica conosciuta
con il nome di “strategia della tensione”. I protagonisti
di quella drammatica stagione erano tutti presenti nella nostra città,
la destra eversiva si è quindi impegnata attivamente nella rivolta
di Reggio per tenere viva la rabbia popolare. In pratica la destra eversiva
ha utilizzato i territori e la popolazione reggina per pianificare un
disegno eversivo, poi fortunatamente fallito. Quando la destra locale
rievoca quelle tristi pagine che ormai appartengono alla storia dovrebbe
soltanto vergognarsi. Da allora nulla è cambiato, tutto è peggiorato!”.
In
questo clima l’organizzazione giovanile di Rifondazione, decide
di fare un gesto simbolico che ci spiega Celeste Costantino, Coordinatrice
Provinciale dei Giovani Comunisti: “I Giovani comunisti hanno sentito
il dovere di intervenire, l’azione dimostrativa consistita nel
coprire con un lenzuolo fatto di buste della spazzatura il monumento,
più che prendere di mira la stele in sé, era volta a palesare
la nostra disapprovazione e indignazione nei confronti delle affermazioni
del Sindaco. Per questo, se non fossimo stati invitati dalla polizia
a passare la notte in questura, avremmo affisso anche lo striscione con
su scritto “Nessuna pacificazione con i fascisti”. Lo ribadiamo
adesso in questa occasione, non ci può essere nessuna pacificazione
con un passato che ha come sfondo quello di una dittatura che i nostri
compagni hanno combattuto con la morte, la storia in cui ci riconosciamo
ha alla base un sentimento di rifiuto nei confronti di quella ideologia,
in una sola parola la storia che ci contraddistingue è la storia
dell’antifascismo, e non ci può essere pacificazione con
il suo contrario”.
Inutile
dire che questo atto simbolico suscita impressionanti polemiche. La
destra di scaglia contro gli autori del
gesto. Dice Celeste Costantino: “Siamo
stati additati dalla maggioranza governativa della nostra città come
dei teppisti, dei vandali, dei criminali e non ultima una parola molto
in voga negli ultimi anni per mascherare qualsiasi violazione democratica
ed umana: terroristi” .
Alcuni
quotidiani titolano “Deturpato il monumento ai caduti!”.
Ho cercato sullo Zingarelli il termine DETURPARE ed ecco il significato:
deformare, sfigurare, rovinare, corrompere. E’ strano che si sia
usato questo termine, visto che la stele non ha subito neanche un graffio
dato che non era quella l’intenzione degli autori del gesto. C’è stato
anche chi ha paragonato l’azione di disobbedienza dei Giovani di
Rifondazione alla profanazione di una tomba!
Si
attende il processo (l’udienza si terrà il 30 aprile),
ma nel frattempo succede qualcos’altro che riattizza le polemiche.
OLTRAGGIO
AL RICORDO DI FALCOMATA’
La notte
del 25 gennaio 2004 ignoti versano del letame sulla stele che ricorda
il compianto Falcomatà. Subito scattano le reazioni indignate
degli esponenti politici della sinistra che giudicano il gesto “ignobile”.
Si pronuncia anche il Sindaco Scopelliti, con queste parole: “ Un
altro episodio ignobile fatto da chi non ama la città e tende
a creare un clima di destabilizzazione. Così come in passato dei
teppisti, deturpando la stele in memoria dei caduti per i fatti del ’70,
avevano disprezzato chi diede la vita per Reggio anche adesso si è ripetuto
un gesto ignobile contro un uomo degno di rispetto”. Le parole
del Sindaco tendono ad equiparare chi, di nascosto, compie un gesto che
non ha nulla di politico e che di certo non è rintracciabile tra
le fila della sinistra, a chi a viso scoperto e con tanto di manifesto
di rivendicazione coprì senza danneggiare una stele che aveva
perso il proprio significato originale. Rifondazione Comunista minaccia
querele alle parole di Scopelliti. Queste vicende hanno prodotto un riacutizzarsi
dello scontro politico.
Staremo
a vedere come andrà a finire.
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