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SIDERNO - La città ha "vissuto"
un'interessante giornata culturale stimolata dalla presentazione
della seconda fatica letteraria di Paolo Catalano, già sindaco
del centro ionico, dal titolo «II groviglio».
Un
libro particolarmente interessante che - come ha precisato
il critico letterario Pasquino Crupi, relatore principale
sulla fatica letteraria di Catalano - si presta a più "letture"
ed ha avuto anche il merito di aprire un qualificato dibattito
sulla realtà attuale della letteratura calabrese. Lo stesso
Pasquino Crupi si è interrogato, infatti, - e ovviamente
ha posto il su'o interrogativo al pubblico - su «cosa è la
letteratura calabrese del 900 alle soglie di questo terzo
millennio?», La risposta che si è dato lo stesso Crupi non
è stata confortante: «C'è stato un tempo in cui i narratori
calabresi erano alti e rispettati. Alla fine del 900 siamo
stati costretti a registrare solamente un lungo elenco di
morti - ha detto Pasquino Crupi -, da Alvaro a Rapaci, da
Altomonte a La Cava, allo stesso Zappone. Unico superstite
- ha aggiunto - rimane Saverio Strati, ma ormai la sua età
è quella che è». E allora, è ancora possibile la resurrezione
della letteratura calabrese? A questo secondo interrogativo
Pasquino Crupi ha lasciato un filo di speranza: «ci sono piccoli
segni di ripresa - ha detto - ma il cammino non è facile».
E quindi il relatore si è riallacciato a «II
groviglio» dando a Paolo Catalano il merito di aver contribuito,
seppur nelle dovute proporzioni, ad alimentare le aspettative
letterarie calabresi con un libro - ha precisato Crupi - che è un romanzo aperto
verso il futuro e che nella sostanza si può anche considerare
il primo vero libro, di un autore calabrese, sulla emigrazione.
Pasquino Crupi, che nella sua attività di critico
è sempre stato senza peli sulla lingua, ha anche rifiutato
la «lettura sociologica» che nel corso del dibattito si era tentato di dare al volume di
Paolo Catalano, confermando, peraltro, lo stesso pensiero
dell'autore che nel corso del suo intervento ha voluto chiarire
quali sono stati gli stimoli che hanno originato la sua opera,
del tutto personalizzata, sulla base delle sue esperienze
di vita e dalla realtà vissuta o semplicemente immaginata.
Paolo
Catalano ha chiarito di essersi calato nella realtà di una classe
dirigente, quella del suo tempo, che aveva saputo affrontare
la realtà emergente del dopoguerra. Si può considerare - ha
detto - il libro di una generazione, dove l'emigrazione ha avuto
un grande ruolo, con il richiamo del "paesaggio",
della "casa", di questa realtà in ogni parte del mondo.
E poi con tutte le sue contraddizioni e le delusioni dell'oggi
rispetto a quella vecchia società che usciva dalla guerra. Una
società - ha precisato Catalano - oggi regredita nei valori
-
Ecco, dunque, «il groviglio» con tutta una serie di rapporti
e avvenimenti che partendo dalla famiglia si intersecano e si
aggrovigliano, mescolandosi con vicende -anche di mafia e di
amore - comuni per il nostro territorio che lasciano spazio,
anche a fronte della tragica fine del protagonista (che poi
-ha precisato Catalano - non è il vero protagonista perché il
vero protagonista è la «generazione» dei giovani) che viene
ucciso da mano mafìosa, alla speranza per il domani.
L'incontro
culturale, coordinato dal giornalista Rai, Pietro Melia, è
stato aperto da un incisivo intervento del presidente del
consiglio provinciale Mario Mazza al quale ha fatto seguito
una breve testimonianza di Filippo Todaro. Il successivo dibattito,
prima degli opportuni "chiarimenti" di Paolo Catalano
e della relazione conclusiva di Pasquino Crupi, è stato alimentato
da una serie di qualificati interventi che hanno spaziato
dalla realtà sociale e dalle aspettative del territorio alle
problematiche letterarie.
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